Archivi del mese: febbraio 2013

Koala.

A volte immagino di essere una famosa cantautrice alle prese con il giornalista di turno che pone sempre le solite domande.
Tra tutte, puntualmente, quella che mi fa tribolare di più è sicuramente la fatidica: “Quali sono gli artisti che ti hanno influenzata maggiormente?“.
Penso a Lucy Rose, penso agli A Fine Frenzy, a Glen Hansard, ai Merriment, a Brandi Carlile, a Sarah Jaffe, a Soko… e penso a ReFlow.
Tutte le volte, per quanto possa cambiare l’ordine, ReFlow non manca all’elenco.
La cosa triste è che nessuno di voi ne ha mai sentito parlare prima d’ora, potrei scommetterci un rene (quello malaticcio, l’altro mi serve ancora, eh!).

E’ triste perché questo ragazzo prende un pomeriggio uguale a tutti gli altri e lo trasforma in qualcosa di unico, genuino, sorprendente.
Si piazza davanti alla telecamera e prende la chitarra, poi lo xilofono, il bongo, il violino, la tastiera, i microfoni, e qualunque altro oggetto possa produrre un suono di suo gradimento… e vi cambia la giornata.

Ho conosciuto ReFlow (e mi riesce davvero difficile chiamarlo così, col suo nome d’arte) nel 2008, in un parcheggio romano di cui davvero non ricordo la posizione esatta.
Lui mi aveva già vista in fotografia, su MySpace, ed aveva confessato alla nostra amica comune di trovare la mia faccia “un po’ da stronza”, cosa che gli ho rinfacciato per mesi.
All’epoca, io e le mie compagne di band, stavamo cercando un nuovo batterista e lui ci sembrò perfetto da subito, con quel suo fare senza fronzoli, divertente, modesto.
Nel giro di pochissimo, eravamo molto più amici che band, molto più a casa C. che in sala prove, molto più cinema+birra+confidenze che soundcheck+show.
Ma lui aveva sempre una chitarra nel bagagliaio dell’auto e quell’idea fissa di suonare per strada, ovunque, prima o poi.

ReFlow ha decine e decine di canzoni sparse tra un hard-disk e l’altro, ma solo pochissime sono state rese pubbliche tramite il suo canale YouTube
e questa è una di quelle:

Vorrei che capisse quanto è pieno di talento, quanto sia bella anche vista dall’esterno, la sua passione.
Quanto sia importante che tutto questo non vada sprecato.

Allora vi faccio questo regalo, proprio a voi che non lo conoscete ancora e che magari lo apprezzerete.
Date un’occhiata, ne vale la pena. 🙂

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Pausa-caffè.

Piove silenzio.
Istanti ghiacciati
inventano capriole frettolose,rendendo poetica la caduta.
E’ una danza breve,
incessante,
che rapisce.
Come impassibili spettatori,
i contorni del mondo
si lasciano sfiorare senza scomporsi.
Potrei distendermi
al centro di questo pomeriggio,
aspettare che la discesa diventi schianto
inondandomi la pelle.
Lievi e bianchissimi,
i fiocchi somigliano quasi a baci
perduti nel vento,
correndo altrove.

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Meet you there.

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“…should I lock the last open door? My ghosts are gaining on me.”

Non sono entrati in casa, ma mi hanno invaso lo stomaco.
Quei solchi profondi sul legno della porta restano in bella vista, a ricordarmi che basta un piede di porco per buttar giù la mia serenità.
Non sono entrati in casa, ma forse hanno avuto poco tempo.
Mi sento arrabbiata, impotente, spaventata.
Come se, improvvisamente, non fossi più capace di non sobbalzare ad ogni minimo rumore, correndo a controllare il pianerottolo dallo spioncino.
Sono sempre stata gelosa dei miei momenti di solitudine casalinga, ma oggi vorrei invitare qualcuno, chiunque, a prendere un caffé, a far due parole, ad aiutarmi a sopportare il volume esageratamente alto della TV.
E’ una sensazione invadente, involontaria, che mi fa sentire un po’ stupida.
Ma passerà.
Anche questa passerà.

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“…touch me and I’ll go click click click click click…”

La testa è pesante ed i colpi di tosse si susseguono con frequenza sempre maggiore, ma oggi va bene anche così.
Oggi è Domenica sul serio, con la colazione in ritardo, i gatti pigri, le tazze sporche che si accumulano nel lavello, M. che scrive, legge, gioca, c’è.
E’ un giorno da pigiama che non sai bene se sia ancora o già addosso, ma senza alcuna intenzione di metterlo via fino a domani.
Ho pensato ai momenti, oggi. A quelli che vale la pena ricordare, tenere da parte, andare a riguardare dopo anni, per prendersi in giro o sospirare nostalgicamente.
Ho pensato alle volte in cui, uscendo di casa, metto il broncio a me stessa per aver dimenticato la macchina fotografica, e stanno diventando sempre di più.
Perché incontro momenti bellissimi dappertutto, in giornate ordinarie, e lasciarli andare così, senza fermarli in un’immagine, mi lascia dentro un retrogusto di tristezza un po’ difficile da mandar giù, a volte.
Non sono una fotografa, neppure per sbaglio. So quello che basta ad usare la bella fotocamera che M. mi ha regalato prima del nostro viaggio in camper in Nord Europa, ma nient’altro.
Ma non conosco modo migliore di conservare pezzi di vita.
Ho pensato alle cose importanti, oggi. A quelle che vale la pena ricordare, tenere da parte, andare a riguardare dopo anni, per prendersi in giro o sospirare nostalgicamente.
Ho pensato che sono quelle di tutti i giorni, quelle che chiamo Casa, quelle che mi porto dietro in viaggio, quelle che vedo affacciandomi alla finestra o andando al lavoro o a fare la spesa.
Ho affrontato tanti traslochi negli ultimi anni.
Tanti, davvero.
E in ogni casa ho lasciato una traccia di quello che ero, di quello che sognavo, di quello che volevo diventare.
Avrei voluto fotografare più particolari di quei posti.
Mi accorgo di quanto i contorni si facciano meno nitidi, col passare degli anni. Di quanto i colori stiano sbiadendo nella memoria. Di quanto non sarei più capace di camminare lì dentro ad occhi chiusi.
Alcune pareti mi mancano, a volte. Alcuni soffitti erano più pieni di altri, quando di notte ci appendevo i sogni.
Ma adesso è diverso.
Mi scopro, spesso, a chiamare progetti quelle che un tempo erano speranze.
Oggi ho preso la macchina fotografica ed ho catturato momenti quotidiani, tra queste mura che potrei lasciare più presto di quanto pensassi quando le ho viste per la prima volta.
Ho scattato e basta, senza pensare.
Non è il compleanno di nessuno, né Natale, né una ricorrenza di alcun tipo.
E’ Domenica, sono un po’ malata e ciondolo tra le stanze godendomi ogni ticchettio dell’orologio che non ho mai comprato, ma che prima o poi appenderò alla parete giusta, per così tanto tempo da darlo per scontato.
Nessun giorno è più importante, speciale o memorabile di oggi.
Scattategli una foto.

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If.

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Promemoria.

Questo post è dedicato a tutte le persone che se la prendono.
Per le cose piccole, per le parole pronunciate in un certo modo, per le notizie importanti dette a metà, a mezza voce, subito prima di andar via, senza possibilità di replica.
Questo post è dedicato a tutte le persone che si rovinano l’appetito, la giornata, gli occhi e la pelle.
Per i crampi allo stomaco, il broncio inespugnabile, le occhiaie e l’acne nervosa.
Questo post è dedicato a tutte le persone che dovrebbero solo fare un lungo respiro, sorriderSi e smetterla.
Cazzo, smetterla una buona volta, diciamolo.
Questo post è dedicato a me.
Ma anche a te, ché magari serve.

Categorie: Ordinary li(f)e | 10 commenti

Out of the blue!

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Ok, mi sento molto adolescente, adesso.
E non ho una faccia perché a volte è meglio non mostrare certe cose al mondo. (Ma, soprattutto, perché non so usare le macchine fotografiche.)
Al prossimo giro potrei fare la follia, tagliarli un (bel) po’ e farli TUTTI blu.
O viola.
O rosa.
O.

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Ad alto tasso di inutilità.

Qualunque cosa pur di distrarmi un attimo dalle mie solite crisi di mal di stomaco.
Perfino scrivere un post inutile, pescando pensieri e fatti a caso da queste settimane più o meno tutte uguali.

  • Oggi ho preso il biglietto per l’unica data italiana dei Paramore, anche se le prevendite si apriranno ufficialmente domani. Ho i miei trucchi, in certi casi sono utili!
    L’ultima volta che sono stati in Italia, 5 anni fa, io ero a Parigi. Da sola. Durante il weekend di San Valentino. Dopo una rottura piuttosto burrascosa. Episodio che ora mi fa sorridere, ma che a suo tempo fu abbastanza amaro.
    Insomma, devo rifarmi e speriamo che il nuovo album sia all’altezza!
  • Lunedì affiderò le punte dei miei capelli a mani esperte (per una volta!) che le faranno diventare blu elettrico!
    E per punte intendo un bel po’ di centimetri, a diverse altezze di ciocca in ciocca. E magari anche la frangia. E rischio di impazzire e darle il permesso di allargarsi a tutta la testa, se ci penso ancora un po’!
    Il bello sarà che, quando il blu sbiadirà, potrò buttarmi su qualunque altro colore e probabilmente opterò per tutti, regalandomi un intero arcobaleno.
    Il mio lavoro mi permette di essere ridicola, voi ce l’avete questo vantaggio?
  • Una band mi ha adottata!
    Mi sono trattenuta dal rendere pubblica la notizia (scommetto che al mondo interessa moltissimo.) fino ad oggi per scaramanzia… ossia perché temevo che i malcapitati cambiassero idea dopo la prima prova e mi buttassero fuori a calci, dopo avermi sentita blaterare al microfono.
    In realtà sono evidentemente pazzi e al momento stiamo riarrangiando i loro vecchi pezzi e componendo nuove cose, pronti a punkrockeggiare in giro alla prima occasione.
  • M. mi ha regalato un ricettario di cupcakes di tutti i tipi ed ho deciso di sperimentarli tutti, partendo dai più semplici e provando a specializzarmi in quelle piccole meraviglie della pasticceria, fino ad arrivare ai più elaborati.
    Questo non sarà d’aiuto alla mia decisione di perdere qualche chilo, temo.
  • Tra le altre cose, a Natale, ho ricevuto un tutù viola decisamente figo (sempre perché sono ridicola inside.) e mi sono messa in testa di usarlo (anche) a Carnevale, anche se non so ancora se parteciperò a qualche festa.
    Il punto è che non ho idee riguardo un eventuale travestimento, quindi accetto consigli di qualsivoglia natura.
    Giusto per la cronaca: il tutù in questione verrà da me indossato anche in occasioni ordinarie perché è bellissimo e merita di essere sfruttato. (Tipo le orecchie da gatto che indosso per fare la spesa al supermercato o la felpa-vestito con coda-fiocco e orecchie da coniglio che uso al lavoro. Ecc ecc.)
  • I miei morbidini diventano ogni giorno più rompiscatole e combinaguai ed ormai ho il terrore di aprire la porta di casa, dato che ogni giorno mi fanno trovare una sorpresa. (Rifiuri rubati dalla pattumiera sparsi in tutta la casa; brocche di vetro frantumate; scarpe ripiene di oggettini presi qua e là…)
    Inoltre, stanno probabilmente prendendo lezioni di musica, dato che in piena notte gli piace “suonare” la chitarra acustica di M. (Anakin) e il mio basso elettrico a forma di cuore (Morgan).
  • Al baby parking sono arrivati a trovarci i pidocchi ed ho il terrore di beccarmeli.
    Se avete consigli su come evitare che questo accada (escludendo costosi e potenzialmente dannosi trattamenti chimici), ve ne sarò grata eternamente, già mi sento camminare addosso milioni di minuscole creature disgustose, se solo ci penso!

Il mal di stomaco è ancora qui, chiaramente, ma è ora di prepararsi ad una serata di prove, quindi io ed il mio surrogato di pezza vi salutiamo calorosamente.

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Categorie: Imagine, Ordinary li(f)e | 5 commenti

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